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SONVICOSoftair: quando le armi non sono sinonimo di guerra

25.01.08 - 07:11
Una domenica pomeriggio passata tra fucili e mitragliere giocattolo, ad aguzzare la vista per individuare gli sniper e non farsi colpire, a rotolare giù per un pendio o a correre al rustico avversario per “rivivivere”, per poi rientrare a casa e dopo aver fatto una doccia scoprire ancora qualche pallino tra i capelli. Uno sport particolare il softair, che anche nel nostro Cantone è praticato da un folto gruppo di appassionati.
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Softair: quando le armi non sono sinonimo di guerra
Una domenica pomeriggio passata tra fucili e mitragliere giocattolo, ad aguzzare la vista per individuare gli sniper e non farsi colpire, a rotolare giù per un pendio o a correre al rustico avversario per “rivivivere”, per poi rientrare a casa e dopo aver fatto una doccia scoprire ancora qualche pallino tra i capelli. Uno sport particolare il softair, che anche nel nostro Cantone è praticato da un folto gruppo di appassionati.
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SONVICO - Il bosco attraversato dal fiume, la piccola valle ancora ricoperta di neve quasi ghiacciata, due vecchi rustici abbandonati e dei ragazzi in tenuta militare che imbracciano fucili, mitragliere o pistole e combattono per conquistare il proprio obbiettivo. No, non è lo scenario di un nuovo film di guerra o di uno dei tanti videogiochi a tema. Si tratta invece di una tipica domenica (a parte, forse, per la neve) per i softgunner della Brotherhood The Rock, un club che riunisce gli appassionati del softair. Questo sport, non molto diffuso nel nostro Cantone, è una sorta di gioco di ruolo che simula, grazie ad attrezzature apposite, azioni tattiche di combattimento tra fazioni opposte. Questi combattimenti possono avvenire in ambienti che possono essere boschivi o urbani. Le squadre in campo devono conquistare obiettivi prefissati realizzando il maggior punteggio possibile.

In Ticino sono una sessantina i ragazzi che praticano questo sport. La maggior parte di loro da un anno a questa parte, si ritrova ogni domenica per gli allenamenti e le partite in un bosco sopra Sonvico. Guidati da Stefano Gentilini e Patrick Lotti, co-fondatori del club, questi ragazzi stanno imparando le tecniche e le strategie per essere bravi scout, sniper (o cecchino), difensori o capisquadra, tutti ruoli fondamentali per formare una squadra. La parola d’ordine? Divertimento. Sì perché è questo che conta prima di tutto, passare una domenica in compagnia praticando uno sport che piace.

L’attrezzatura

L’equipaggiamento base prevede una tuta militare con giubbotto e scarponcini, gli occhiali appositi per il softair, per proteggere gli occhi dai pallini sparati dalle armi. Colpi che non sono pericolosi ma che potrebbero fare veramente male se colpissero una parte delicata come gli occhi. Infine ci vuole un’arma, naturalmente. Si tratta di armi apposta per questo sport, in genere repliche ad aria compressa in grado di sparare pallini da 6 mm in plastica biodegradabile a non oltre 1 joule di energia, limite imposto dalla legge. Sono repliche fedeli alle originali. La Brotherhood, per esempio, quando parteciperà a dei tornei utilizzerà delle repliche dei FASS 90 in dotazione all’esercito svizzero. Ma per il momento è ancora presto per parlare di tornei. Stefano, il presidente, prima di mandare in campo i suoi uomini vuole essere certo che siano ben preparati. Ma la cosa potrebbe succedere in un futuro molto prossimo, “perché”, ci ha confessato il presidente, “sono bravi e se lo meritano”.

Ma quanto costa tutto questo? Non si tratta di uno sport a buon mercato, l’iscrizione annuale al club costa 150.- ed è senz’altro la spesa minore. Per avere la tenuta di base bisogna prevedere di sborsare almeno 800 franchi, che inevitabilmente aumentano se si vuole un giubbotto particolare, degli scarponcini più performanti o un’arma speciale. Poi ci sono gli extra che possono essere armi in più, il mirino di precisione per chi fa il cecchino, una ricetrasmittente o il visore notturno se si vuole giocare anche di notte. Ma la passione di questi ragazzi è tanta e spendere qualche centinaio di franchi al mese per pallini, armi, mimetiche o altro sembra quasi un piacere. Non sono molti i negozi in cui è possibile comprare l’equipaggiamento necessario, ma a Lugano un’armeria che vende materiale per il softair c’è e vi lavora Stefano che ha tradotto la sua passione per le armi nel suo mestiere.

Il softair è un gioco violento?

Dato che a vedere i softgunner sembrano in tutto e per tutto dei militari in azione, con armi vere, Stefano ogni domenica avvisa le autorità per informarli che è in programma una partita o un allenamento, per evitare malintesi o equivoci. Ed ora la domanda che molti si pongono. Il softair, non è forse uno sport che incita alla violenza? Assolutamente no, ci ha assicurato Stefano. “È un pregiudizio che hanno in molti”, ci hanno detto ancora, “ma le cose non stanno così, chi gioca alla guerra non fa la guerra”. E in effetti basta assistere agli allenamenti per capire che non si respira un clima di aggressività in campo, anzi. I ragazzi al termine di un game si ritrovano parlano del gioco, delle armi, delle strategie, ridono e scherzano. Tra Psyko, Jericho, Wolf, Agon, Swanky (solo per citarne alcuni) si è instaurato un bel rapporto d’amicizia. Sicuramente il fatto di rispettare le regole aiuta. Queste sono molte ma la fondamentale è quella dell’onestà: bisogna dichiararsi quando si è colpiti e il giocatore fuorigioco deve uscire di scena senza rivelare ai compagni le posizioni del “nemico”. Gli unici rischi, per uno sport all’aperto come questo, possono essere quelli derivanti da cadute o graffi. Quindi alla fine anche il softair non è così diverso da altri sport di squadra ed è senz’altro un modo come un altro per i ragazzi di passare qualche ora all’aria aperta, cosa che, di questi tempi, non è poi così scontata.

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