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EX-CECOSLOVACCHIAIl ricordo dell'invasione è forte solo tra gli anziani

17.08.08 - 15:39
Il ricordo dell'invasione è forte solo tra gli anziani
PRAGA - L´anniversario dell´invasione della Cecoslovacchia - a 40 anni di distanza e quasi 20 dal crollo del regime comunista e nel momento in cui si appresta a assumere la presidenza di turno dell´Unione Europea - è vissuto oggi dai praghesi come un evento remoto e con un pizzico di rassegnazione caratteristico della psiche boema.

Per Zbynek Petracek, commentatore del quotidiano Lidove Noviny intervistato dall´ANSA, "la Primavera di Praga e l´ invasione sono sorprendentemente sentite oggi con scarso interesse". A differenza ad esempio dei polacchi "i cechi considerano i traumi del passato capitoli chiusi". Regna "disinteresse generale".

Chi discute e analizza quei fatti è spesso chi non li ha vissuti, e le conclusioni sono sempre le stesse: la Primavera di Praga fu il tentativo di umanizzare il socialismo, stroncato nel sangue: "e fu una lotta tra due fazioni di un´unica organizzazione criminale, il Partito comunista cecoslovacco", dice Petracek, secondo cui questo distacco nei confronti del passato induce a sottovalutare i rischi attuali. "Ovvero non capire l´importanza di partecipare al progetto dello scudo spaziale americano".

Chi invece ha 70-80 anni ricorda bene: "il popolo era euforico", racconta chi ha vissuto quella stagione. Fu abolita la censura. La stampa denunciò i crimini degli stalinisti. Furono sospese le perturbazioni alle radio occidentali "nemiche" come Voice of America e Free Europe. L´economista Ota Sik elaborava la sua visione di mix di economia di mercato e socialista. La risposta russa fu l´invasione: "una doccia fredda", raccontano i testimoni del tempo. "Ai soldati russi in Piazza San Venceslao gridavamo ´andatevene a casa". "Siamo a casa, siamo nella Cecoslovacchia socialista sovietica", replicavano insolenti".

Alle quattro del mattino i carri armati erano schierati sul lungofiume della Moldava di fronte alla sede del Comitato centrale del Pc. "Quando Dubcek sentì gli spari e vide morire un ragazzo, si precipitò a chiamare l´ambasciata sovietica", ricorda Hubert Maxa, oggi 80 anni, e segretario allora del presidente del Parlamento. Poche ore dopo nell´ufficio di Dubcek irruppe un commando russo: fu rapito e portato a Mosca, dove fu costretto a firmare il protocollo "di obbedienza".

Breznev riuscì così a colmare il buco nelle sua carta strategica: l´armata rossa era presente in Ungheria dal 1956, ed era anche in Polonia e Ddr. Mancava solo la Cecoslovacchia, un buco scoperto tra Germania dell´est e Ungheria. L´accordo sulla permanenza russa fu firmato a Praga dai premier ceco Oldrich Cernik e russo Alexei Kossygin e fu ratificato a ottobre in Parlamento. I soldati russi, la cui presenza veniva presentata come "aiuto solidale contro la controrivoluzione", e che avrebbe dovuto essere "temporanea", rimasero 23 anni.

Il 30 agosto, dopo il ritorno di Dubcek da Mosca, fu reintrodotta la censura. Chi poteva fuggì in occidente. "La repressione cominciò presto, già in autunno 1968", ha scritto il settimanale ´Tyden´, e a farla non erano gli invasori russi ma la Stb e la Milizia popolare cecoslovacca, sotto il controllo del Partito comunista.

Il 21 agosto 1969, un anno dopo l´invasione, fu Dubcek stesso, divenuto presidente dell´ Assemblea federale, a firmare la legge che aprì le persecuzioni dei dissidenti detta la ´legge del manganello´. Nel ´70 Dubcek fu spedito poi come ambasciatore in Turchia ed espulso sei mesi dopo dal partito. Dopo di allora divenne per il regime persona non grata e comincio´ il suo lungo autoesilio in Slovacchia dove lavorava a Bratislava per l´ente forestale.

Dopo la svolta democratica dell´89, Dubcek conobbe una nuova, breve primavera: partecipò alla storica manifestazione antiregime a novembre a Praga accanto a Vaclav Havel, e fu eletto poi di nuovo presidente dell´Assemblea federale. Nell´autunno ´92 morì in un misterioso incidente d´auto. Sulla sua morte, ´Tyden´ osserva che Dubcek in quei giorni avrebbe dovuto recarsi a Mosca per testimoniare, assieme al premier polacco Piotr Jaroszewicz, sul ruolo del Kgb nell´invasione di Praga. Strana coincidenza, osserva il settimanale, sottolineando che l´1 settembre 1992 il polacco fu assassinato in misteriose circostanze, e citando lo storico ceco Libuslav Leksa, convinto si sia trattato in ambo i casi di omicidi.

ats/ansa

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