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SVIZZERAL'ordine FINMA sulla trasmissione dati fiscali dell'UBS era legale

15.07.11 - 14:17
Lo ha stabilito oggi il Tribunale federale (TF), che ha ribaltato una sentenza di tenore opposto
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L'ordine FINMA sulla trasmissione dati fiscali dell'UBS era legale
Lo ha stabilito oggi il Tribunale federale (TF), che ha ribaltato una sentenza di tenore opposto

BERNA -  Charlie Gilmour, il figlio del chitarrista dei Pink Floyd, è stato condannato a 16 mesi di prigione per avere partecipato a violente manifestazioni studentesche lo scorso dicembre a Londra, durante le quali venne attaccata, da un gruppo di hooligan, la macchina di Carlo e Camilla. In una precedenza udienza a maggio, Charlie Gilmour - studente di storia a Cambridge - si era dichiarato colpevole di condotta violenta.

 La trasmissione al fisco statunitense dei dati di clienti americani di UBS ordinata nel 2009 dalla FINMA era legale: lo ha stabilito oggi il Tribunale federale (TF), che ha ribaltato una sentenza di tenore opposto pronunciata il 5 gennaio 2010 dal Tribunale amministrativo federale (TAF).

L'agire dell'Autorità federale di vigilanza dei mercati finanziaria (FINMA), che il 18 febbraio 2009 avevano ordinato alla banca di consegnare a Washington i dati di circa 250 titolari di conti, aveva sollevato un polverone per le sue conseguenze sul segreto bancario elvetico e sullo stato di diritto. Secondo i giudici di prima istanza i funzionari bernesi non disponevano di alcuna base legale per muoversi come avevano fatto.

Diversa per contro l'interpretazione giuridica del caso data oggi del TF: nella FINMA ha potuto basare il suo operato sulle direttive ricevute dal Consiglio federale e sulla clausola generale di polizia, hanno stabilito i magistrati losannesi.

La FINMA aveva a suo tempo giustificato il suo operato facendo presente che UBS - già azzoppata dalla crisi finanziaria e minacciata negli USA da un'azione penale per aver aiutato su vasta scala clienti americani ad evadere il fisco - rischiava la bancarotta. Tenendo conto delle conseguenze che questo avrebbe provocato si trattava quindi di agire nell'intesse dell'intera Svizzera.

Il TFA aveva sostenuto che la legge sulle banche conferisce sì alla FINMA la competenza di adottare misure di protezione nel caso in cui un istituto rischi l'insolvenza, ma non permette di trasmettere direttamente i dati relativi ai clienti. Sempre secondo la prima istanza la FINMA non poteva nemmeno fondare la sua azione sul diritto di necessità ancorato nella Costituzione: questo diritto sarebbe semmai infatti spettato al Consiglio federale.

L'autorità di vigilanza - allora presieduta da Eugen Haltiner, un ex dipendente di UBS che percepiva fra l'altro una rendita per i suoi trascorsi presso la banca e che quindi non veniva visto da tutti al di sopra delle parti - aveva interposto ricorso. Ora essenzialmente accolto dal TF.

+ Nella loro seduta odierna i giudici di Losanna sono pure giunti alla conclusione che la normativa sulle banche non rappresentava una base legale sufficiente. Ma la FINMA è stata autorizzata a muoversi dal governo: per scongiurare i danni che un collasso di UBS avrebbe causato all'intera economia elvetica non aveva altra scelta che ordinare la consegna dei dossier.

L'autorità - argomenta il TF - non aveva bisogno di una legge: ha potuto basarsi sulla cosiddetta clausola generale di polizia, prevista nell'ultima parte dell'articolo 36 capoverso 1 della Costituzione federale ("Le restrizioni dei diritti fondamentali devono avere una base legale. Se gravi, devono essere previste dalla legge medesima. Sono eccettuate le restrizioni ordinate in caso di pericolo grave, immediato e non altrimenti evitabile").

L'affare UBS-USA aveva avuto inizio nel 2007, quando le autorità americane avviarono inchieste contro consulenti di UBS, sospettati di aver spinto cittadini americani a frodare il fisco. Alla fine del 2008 Washington chiese alla banca circa 20'000 dati di clienti, minacciando un'azione legale che avrebbe potuto mettere in ginocchio l'istituto. Nel febbraio 2009 la FINMA decretò che UBS doveva consegnare informazioni su 250 clienti. Al contempo la banca pagò 780 milioni di dollari alla giustizia americana per mettere fine al contenzioso.

Le autorità americane chiesero però altri 52'000 dati, tuttavia UBS si rifiutò di trasmetterli. Nell'agosto 2009 Svizzera e Stati Uniti raggiunsero un accordo, in base al quale Berna si impegnava a fornire nel giro di un anno i nominativi di altri 4'450 titolari di conti UBS.

Tuttavia, all'inizio del 2010 il TAF fermò la consegna delle informazioni, sostenendo che l'intesa non era sufficiente per un'assistenza amministrativa in caso di evasione fiscale. Il Consiglio federale si ritrovò costretto a sottoporre l'accordo con gli Stati Uniti - un trattato di stato - all'approvazione del parlamento, che infine diede il via libera nel giugno 2010. Di conseguenza il TAF dichiarò l'accordo vincolante.

L'intera vicenda ha avuto anche parecchie ripercussioni politiche. Le commissioni del parlamento hanno infatti più volte criticato il governo per la gestione della crisi e per la reticenza nel voler stabilire fatti e responsabilità.

 

ATS

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