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Formazione al CentroEssere imprenditori di sé stessi: una scelta che dipende da noi

16.04.24 - 10:08
Maurizio di Feo, Human Resources Consultant, già HR Manager, Direzione Risorse Umane, BPER Banca, Modena
Centro studi Villa Negroni
Essere imprenditori di sé stessi: una scelta che dipende da noi

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Maurizio di Feo, Human Resources Consultant, già HR Manager, Direzione Risorse Umane, BPER Banca, Modena

Il nucleo semantico della parola “imprenditore” [1] ruota intorno all’idea di avviare e promuovere un’attività e, a partire dal secolo scorso, questa è stata sempre più associata all’idea di innovazione [2].

L’imprenditore è infatti una persona che avvia e gestisce una propria attività economica al fine di produrre beni o servizi, spesso con metodi e processi di produzione innovativi, ovvero con uno stile direzionale innovativo. Trasforma o combina i fattori della produzione, ossia il capitale e il lavoro, in un prodotto idoneo a soddisfare i bisogni dei consumatori, e quindi del mercato in generale. Si presenta come colui/colei che svolge una funzione potenzialmente creativa di ricchezza.

Per essere imprenditori, per creare un nuovo business, occorre possedere la giusta mentalità (il mindset, come dicono gli inglesi). Una mentalità applicabile di fatto a qualsiasi “impresa”, quindi anche all’impresa che ha per scopo la propria realizzazione professionale e personale.

Proviamo allora a identificare i tratti principali di questo mindset e cerchiamo di comprendere perché è importante e come è possibile diventare “imprenditori di sé stessi”, artefici del proprio futuro professionale, applicando una mentalità imprenditoriale alla propria vita lavorativa e personale.

Se concordiamo sul fatto che il nostro futuro non è scritto, ma dipende in buona parte da cosa noi costruiamo nel nostro presente, allora possiamo dire che dipende, oltre che dal nostro impegno quotidiano, dalla capacità di orientare le nostre energie in una direzione definita e coerente con i nostri interessi, le nostre passioni e le possibilità concrete che il contesto - tempo per tempo - ci offre, o che noi stessi siamo in grado di generare (o quantomeno favorire): per raccogliere occorre seminare.

Orientare le energie significa tracciare il percorso da dove siamo oggi al nostro futuro desiderato. Per questo è necessario conoscere la nostra posizione attuale (come persone e come professionisti) e definire con la maggior chiarezza possibile le posizioni future (le mete) che vogliamo raggiungere, adottando un approccio che armonizzi ideale tensione e sano realismo.

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” diceva Seneca, offrendoci una metafora che può rivelarsi molto utile.

Potremmo dire che, stabilita la meta, dobbiamo tracciare la rotta ideale, che dovrà però necessariamente tener conto di una serie di variabili (alcune delle quali indipendenti dalla nostra volontà): dove siamo (il porto di partenza, o il “punto nave” se siamo già in navigazione), il mezzo e le attrezzature di cui disponiamo, le probabili/possibili condizioni meteomarine, il tempo necessario stimato, gli approdi dove sostare, rifornirci ed effettuare eventuali interventi tecnici, le nostre condizioni psicofisiche, le nostre competenze tecniche, ecc..

Per questo, il primo passo - il più importante perché indispensabile per ragionare in una logica progettuale - è certamente sviluppare una piena consapevolezza di sé, in termini di passioni (ciò che mi piacerebbe diventare, la mia meta ideale), competenze possedute (ciò che so fare meglio), potenzialità (ciò che potrei sviluppare), competenze da acquisire (conoscenze e capacità da migliorare). Riflettere e rispondere sinceramente, per iscritto e nella maniera più analitica possibile, ad alcune domande può essere di grande aiuto.

Passioni:

Quando proietto la mia immagine professionale nel futuro, come mi vedo idealmente? Perché mi piacerebbe essere così? Che persona sarei? Che professionista sarei? Che cosa, di quest’idea di me nel futuro, mi fa innamorare?

Quanto sono disposto a sacrificarmi e a rischiare per realizzare questo desiderio? Quanto sarò in grado di accettare l’eventualità che quello che intendo perseguire possa non realizzarsi, in tutto o in parte? In che misura saprò vivere un mio possibile insuccesso come il fallimento di uno specifico progetto imprenditoriale e non di me come persona

Competenze possedute:

Pensando a quello che vorrei diventare, e quindi a ciò che ragionevolmente mi servirà, quali sono le conoscenze approfondite che già possiedo (che dovrò comunque aggiornare) e quali sono le capacità che gli altri mi riconoscono (perché le metto abitualmente in atto nelle situazioni di vita lavorativa e personale)? [3]

Potenzialità:

Quali sono i miei punti di forza in termini di attitudini? Che cosa mi “viene naturale” fare, quali sono cioè i comportamenti che istintivamente adotto e che si rivelano abitualmente efficaci in alcune specifiche situazioni lavorative? Quali sono quindi i fulcri su cui posso fare leva, le mie “competenze distintive” che posso ulteriormente sviluppare per ricoprire ruoli di maggior complessità e incarichi di maggior responsabilità? In che modo questi miei punti di forza mi permettono già oggi di qualificare e valorizzare il contributo che sono in grado di dare all’interno dell’organizzazione di cui faccio parte? Che cosa caratterizza in meglio il mio lavoro rispetto a quello di chi occupa la mia stessa posizione?

Competenze da acquisire

Quali competenze (conoscenze teoriche e comportamenti professionali) devo ancora acquisire e potenziare per essere davvero efficace nell’ambito in cui mi interessa crescere e realizzarmi? Quanto tempo mi serve? In che modo posso acquisire queste competenze? (intervento formativo, stage, letture/studio, esperienze lavorative specifiche, ecc.). Quanto mi sarebbe utile/necessario ottenere una certificazione di queste competenze? Che cosa posso fare io, fin d’ora, per accelerare questo processo di sviluppo delle mie competenze?

Inoltre, chi aspira a prendere in mano le redini del proprio futuro deve verificare che nel proprio mindset siano ricompresi i seguenti tratti:

    • un atteggiamento proattivo e generativo, tipico di chi cerca di far accadere le cose piuttosto che attenderle e reagire di conseguenza (non si intraprende un’impresa senza prudente coraggio e grande determinazione);
    • una forte propensione al cambiamento, che comprende la capacità di adattarsi flessibilmente al mutare delle situazioni e delle condizioni (riprendendo la metafora marinaresca: indipendentemente dalle mie abilità, le condizioni meteomarine potrebbero peggiorare e potrei dover rivedere la rotta e cercare un approdo diverso da quello previsto);
    • l’onestà di assumersi la responsabilità dei propri risultati e dei propri errori, per trasformare l’errore in uno strumento privilegiato di apprendimento;
    • la voglia e la capacità di costruire relazioni professionali e personali (la cura del networking): in navigazione, la radio è accesa per gli avvisi ai naviganti e per dare e ricevere aiuto.

La buona notizia è che il mindset si costruisce e si modella. È l’esito di un circolo virtuoso: la volontà di fare (motivazione) genera un atteggiamento [4] positivo, che produce la messa in atto di comportamenti efficaci, funzionali allo scopo; l’adozione di questi comportamenti e la verifica della loro efficacia rafforzano l’atteggiamento positivo, il quale a sua volta rafforza e rende più profonde le motivazioni.

Allora, forse vale la pena provare. Che dite?

Maurizio Di Feo
HR Senior Consultant

[1] Dal latino volgare *imprehendĕre, ‘intraprendere’, formato dal prefisso locativo in- e prehendĕre ‘prendere’, letteralmente ‘prendere sopra di sé’, che indica l’azione di cominciare qualcosa, di avviare un’iniziativa (Nocentini, A., con la collaborazione di Parenti, A., l'Etimologico, Milano, Le Monnier, 2010).
[2] Si veda in particolare di J.A. Schumpeter la celeberrima opera del 1911 Teoria dello Sviluppo Economico.
[3] A puro titolo di esempio: capacità di organizzazione del lavoro, capacità di gestione dello stress, capacità di problem solving, capacità di adattamento/flessibilità, capacità di relazione, capacità di negoziazione, ecc...

[4] “Attitude”, in inglese, che significa anche “modo di vedere”, “stato d’animo” con il quale interpretiamo ciò che accade.


Questo articolo è stato realizzato da Centro Studi Villa Negroni, non fa parte del contenuto redazionale.
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